Fenomeno Deodato: ovvero quando un imprenditore alza il culo....
La novità tra i gossip nel mondo dell’arte contemporanea del nostro piccolo paese, nell’anno artistico 2018/2019,  è stata: come fa Deodato a vendere, visto che quasi tutte le gallerie d’arte  sono in crisi?
Le risposte che correvano nei corridoi, e che inevitabilmente mi sono giunte all’orecchio sono state quattro:
  1. Deodato ha un approccio 2.0, dei dirigenti esperti in information technology e marketing, un approccio innovativo al mercato, personale qualificato. Questa è la preferita dai nostri clienti
  2. Deodato ha una offerta adeguata alla nostra contemporaneità. Questa è preferita dai nostri clienti e da qualche gallerista.
  3. Deodato ha venditrici giovani carine e i collezionisti uomini si sciolgono. Questa è la preferita dai piccolissimi galleristi.
  4. Deodato è legato alla mafia ed ha flussi di danaro immensi. Questa gira di norma nelle fiere d’arte, dove sistematicamente il nostro stand attrae una buona fetta del pubblico, questa bufala è stata creata da un paio di galleristi grandi (di cui conosciamo i nomi), che hanno influenza su quelli più piccoli e sono stati così furbi di averla anche comunicata a qualche giornalista (che capendo la fesseria ci ha chiamati subito).
La quarta risposta è stata formulata quindi da alcuni galleristi tra i più storici in Italia, quelli di cui si direbbe che “sono arrivati” e che avrebbero voglia di trasmettere ai più giovani valori, esperienze, storie…e non congetture arcaiche.
La terza risposta arriva da un mondo di vecchietti maschilisti, che non si sono accorti che il creatore ha deciso di mettere i  neuroni nel cervello e non nei testicoli per molti validi motivi, tra i quali permetterci di capire il contesto che ci circonda.
La seconda risposta e la prima arriva da chi ci conosce davvero e da chi è abituato a guardarsi intorno, ad alzare il culo, di norma sono anche esse persone di successo, che hanno lavorato duramente per arrivare.
Il brand Deodato nasce nel 2001 da un piccolo collezionista di artisti labronici e macchiaioli, ovvero Deodato Salafia. Nel 2010 il brand assume una rilevanza business con l’apertura di una piccola galleria di 40 metri quadrati in via Nino Bixio a Milano, a quell’epoca vi erano zero capitali, un piccolo magazzino di artisti labronici (artisti figurativi della zona di Viareggio) e zero connessioni ed amicizie nel mondo dell’arte. Ma vi era una grandissima, direi anzi enorme, capacità di analizzare le filiere commerciali, le catene di valore, la situazione marketing e la capacità di adottare strumenti innovativi. Insomma vi era conoscenza sui processi.
Nel business capita che è meglio avere un sasso piccolo ma conoscere perfettamente le traiettorie di lancio, che avere un sasso grande e lanciarlo a capocchia. Per conoscere le traiettorie di lancio bisogna aver studiato la fisica meccanica.
Se uno è abituato ad avere sassi grossi  (soldi) ma non ha mai alzato il culo (come dice il mio amico Mr Savethewall) e non ha mai studiato la fisica meccanica, in un mondo dove non basta più avere un negozio nella via principale del paese per incassare soldi, oggi è destinato ad osservare un calo della propria attività.
Il nostro brand cresce perché il nostro personale utilizza nella media il 20% del tempo in formazione, la direzione informatica ne investe il 40% del tempo e la direzione marketing il 65% del tempo. Il che significa che due terzi del tempo studia ed un terzo fornisce le direttive a colleghi e fornitori per implementare ciò che ha studiato.
Studiare significa sacrificare sere, week-end, fare corsi, comprare libri, analizzarli e compararli: significa essere dei nerd.

I soldi

Se hai più soldi fai più soldi, questa è una massima forse non giusta, ma vera. Ma attenzione, il business si basa su tre variabili: soldi, tempo, qualità. Per arrivare in cima basta che tu abbia totalmente dalla tua parte una di queste variabili. Una sola è sufficiente, le altre infatti arriveranno da sole, se una la governi totalmente.
Quando ho iniziato io avevo il tempo. Perché avevo il tempo? Perché avevo avuto la fortuna di leggere, nel mio percorso formativo, la frase che ha cambiato totalmente la mia vita:
“Solo infinita pazienza, produce risultati immediati”
E così quando aprii la prima galleria non avevo soldi, avevo una bassa qualità (opere valide ma assolutamente non sufficienti per Milano o per lanciare un Brand e non avevo know-how). Ma avevo infinita pazienza. Sapevo che in 5 anni, facendomi il culo, avrei potuto prendere una quarta laurea, diventando architetto, ingegnere, fisico, esperto in lingue….oppure un gallerista estremamente competente. Ho scelto l’ultima. Dopo 5 anni il fatturato era ancora al minimo ma intanto era arrivata la qualità (cito solo la strepitosa mostra con 100 pezzi grafici di Marc Chagall). Nel 2010 avevo il tempo dalla mia parte, nel 2015 avevo il tempo e la qualità. Dopo solo 3 anni sono arrivati anche i soldi. Otto anni in tutto per costruire una offerta forte ed avere abbastanza fatturato per poter “comprare” i clienti. Cosa significa comprare i clienti? Significa che puoi investire più soldi della tua concorrenza per incontrarli per farti conoscere, saranno poi loro a decidere se hai la qualità o no.
Chi ci conosce davvero ci proietta ad essere una società quotata in borsa. Questo mi lusinga, ed onestamente noi ci comportiamo come si comporterebbe una società quotata in molte delle decisioni che prendiamo, sebbene non auspico una quotazione nel breve o nel medio periodo. Ho analizzato quasi tutti i bilanci e le strategie marketing delle società quotate all’AIM…e la maggior parte non solo perdono soldi, ma ne perderanno per molti anni a venire; io auspico di guadagnarne, pagare una valanga di tasse e contribuire a migliorare la vita di molte persone. Ho analizzato i bilanci delle più importanti gallerie italiane, anche con fatturati che superano i 10 milioni di euro hanno utili insignificanti se comparati al fatturato, noi contiamo di avere oltre quattro volte la media della percentuale di utile delle gallerie italiane, ciò non perché loro facciano politiche di bilancio per abbassare gli utili, non credo sia questo, quanto piuttosto perché noi implementiamo ottimizzazioni di processo e proviamo, finora riuscendoci, a non prelevare neppure un euro dall’azienda, ciò al fine di aumentare mercato, competenza e qualità del servizio.