Thank you!
Ed ora ho deciso di attaccare me stesso.
Cosa può accadere ad un gallerista che macina ordini e fatturato, che sviluppa progetti con i migliori brand del mondo, che riesce a far divertire i suoi clienti e tutti gli stakeholders, quando scopre che un altro gallerista, meno visibile, meno strutturato, meno irriverente del sistema, ma che è stato così lungimirante tanto dall’aver capito, valorizzato e scoperto alcuni tra i più importanti artisti del mondo della Street e Urban art, e tanto da aver organizzato, nel ben lontano 2010 l’invasione di Roma di Invader?
Le cose sono due: o rosica, o applica alla lettera quanto Al Ries e Jack Trout spiegano a pagina 78 del libro “La guerra del Marketing” [Anteprima edizioni, Torino 2016] che recita “La miglior strategia difensiva è avere il coraggio di attaccare se stessi”.
Ho scelto di seguire entrambe, per 5 minuti ho rosicato e nel 10 mesi successivi ho applicato il suggerimento di Ries e Trout cercando di diventare loro socio.
A farmi rosicare ci hanno pensato i curatori della galleria Wunderkammern, ma la voglia di riscatto che ho letto nei loro visi quando li ho incontrati (grazie a Cristian Gangitano, il nostro curatore della Japan Pop Art) mi ha dato la forza di osare ed autoattaccare la Deodato Arte e decidere di usare buona parte del capitale disponibile per diventarne socio e avere l’onore di offrire la loro preziosa offerta alla nostra fantastica clientela.
Tolto Keith Haring o J.M. Basquiat la street art in Italia è stata vista dal sistema dell’arte come spazzatura, diciamocelo chiaramente.
Ma a dire il vero una parte della street art, in particolare per esempio i movimenti dei graffitari, hanno attaccato altri comparti della street art stessa; ed alcuni street artist hanno visto male altri arrivati dopo, o che hanno fatto meno gavetta.
Una sorta di guerra di tutti contro tutti, dove l’unico timoniere è parso essere il mitico Banksy, che alla fine ha trascinato tutto e tutti.
Ma andiamo per ordine.
Ho scoperto Banksy nel 2007, come penso anche i miei amici della Wunderkammern, solo che io dal 2010 mi sono concentrato su tutto quello che Banksy ha creato e gli artisti che sono stati da lui generati (in primis Mr. Brainwash), loro, accidentalmente dallo stesso anno, hanno preferito concentrarsi su tutto quello che ha determinato la creazione di Banksy, sugli artisti che sono arrivati prima di lui.
Un Banksy spartiacque, un Banksy centrale, un baricentro che parte da Keith Haring e non sappiamo ancora dove finirà.
Come spesso accade nella vita economica chi viene dopo raccoglie più frutti di chi è arrivato per primo, questo forse è il motivo per cui Mr.Brainwash, nato artisticamente nel 2008, fattura duemila volte più del primo stencil artist che nel 1981 ha ispirato Banksy.
Ma la cultura non è mai esclusivista ma al contrario è inclusivista, anche se questo nel mondo dell’arte lo capiscano in pochissimi (quasi mai gli artisti e quasi mai i direttori delle fiere per dirla tutta e per come ho capito finora).
Non è un peccato dire che Blek Le Rat ha ispirato Banksy, non è un peccato sapere che Shepard Farey ha presentato Thierry Guetta a Banksy per poi pentirsene, non è un peccato dire che Banksy vende gadget mentre i suoi antesignani non venderebbero mai un’opera per vile denaro.
Quello che è davvero peccato è non avere rispetto di ciò che è avvenuto negli ultimi 40 anni, ovvero che il grande pubblico ha riscoperto il valore di messaggi semplici ma diretti, grazie alla Street Art.
Se vogliamo la Street Art è la versione ben riuscita della Transavanguardia italiana di Achille Bonito Oliva.
Mentre i galleristi ed il mondo che conta sviluppavano progetti teorici eccezionali, ma volutamente per pochi, la Street Art sviluppava parallelamente progetti pratici, e non troppo teorici, volutamente per tanti. Questo può piacere o non piacere, ma è la realtà. Il problema è che nel 1996 è nato il World Wide Web, e nel 2003 e 2004 MySpace e Facebook, con questi strumenti ciò che era per pochi è rimasto per pochi e ciò che era per tutti è diventato mainstream.
In questo processo, Wunderkammern è riuscita a creare un raccordo di continuità. Ha coltivato artisti chiave e storici della Street Art ed in parallelo lanciato artisti emergenti; ha svolto un lavoro di ricerca artistica con quasi 60 eventi tra cui la curatela di mostre museali tra le quali quella di Shepard Fairey al Moscow Museum of Modern Art.
Io, ed il team di Wunderkammern, con Giuseppe Pizzuto (GP) e Giuseppe Ottavianelli (GO) - fondatori di Wunderkammern - insieme a Dorothy de Rubeis e Ina Nico siamo ingordi, siamo inclusivisti, vogliamo capire tutto, vogliamo possedere tutto, siamo dei viziati.
Ecco perché Wunderkammern ha visto in Deodato un socio con cui scavare e scoprire ancora più a fondo questo meraviglioso mondo, ma allo stesso tempo guardare ancora più lontano; mentre Deodato ha visto in Wunderkammern il miglior modo per attaccare se stesso, includendo e non dividendo.
Grazie Al, grazie Jack, grazie Wunderkammern.
Stay tuned,
Deodato Salafia